Narcisismo e amore

di Filippo Gibiino

Con il termine narcisismo mi riferisco ad una struttura di personalità, ovvero una modalità di stare nel mondo, di percepire e di agire che la persona ha messo a punto nel corso della sua vita, in maniera perlopiù inconscia. Mi preme sottolineare che quando parliamo di personalità ci riferiamo ad un prototipo, ad un concetto astratto, utile a semplificare e comunicare aspetti che possiamo rintracciare nelle persone reali. Tuttavia come psicologo clinico il mio interesse è rivolto alla persona, la cui complessità trascende sempre il concetto di personalità; altrimenti si corre il rischio di non vedere la persona che abbiamo davanti, mentre si è impegnati dall’idea della sua personalità. Inoltre in psicologia si utilizza la parola tratti, quegli aspetti caratterizzanti di una personalità la cui intensità può variare enormemente. L’essere vanitoso o egocentrico sono tratti che possono comparire in personalità assolutamente sane. Cosa accade invece quando questi tratti diventano decisamente marcati? Quando l’essere al centro dell’attenzione è l’unico modo per mantenere l’autostima della persona, tanto da farla crollare quando non è possibile soddisfare quest’impellenza?

Tra gli aspetti più caratteristici del narcisista troviamo la volontà di affermarsi, insieme ad una mancanza di empatia nei confronti dell’altro. Per essere più precisi occorre distinguere almeno due forme di narcisismo, una più lieve, l’altra più grave. Nella tipologia più lieve l’individuo appare autocentrato e sfuggente. Nei rapporti interpersonali si muove dandosi e negandosi, seducendo e frustrando l’altro. Si tratta di persone che mentre le stiamo frequentando scompaiono improvvisamente, per riapparire altrettanto repentinamente dopo un po’ di tempo, come se nulla fosse accaduto. Questo comportamento può lasciare piuttosto confusi, soprattutto se si stava costruendo con loro una relazione intima. Nicola Ghezzani, nel suo libro La paura di amare, ha chiamato questo tipo di narcisismo anoressia sentimentale. In analogia con l’anoressia, in cui la persona perde l’appetito e non si nutre più, qui il soggetto perde il desiderio di entrare in relazione e non si nutre più di affetti e sentimenti. Si autoimpone una dieta restrittiva e severa, ma nell’ambito delle relazioni intime. La persona si rifiuta di legarsi all’altro essenzialmente per paura di soffrire. Al netto di questa caratteristica la vita del narcisista può prendere traiettorie diverse: può vivere isolato, come un eremita, oppure entrare in relazione in modo discontinuo, tenendosi sempre una via d’uscita pronta. Possono anche essere persone che hanno molti contatti, e quindi all’apparenza socievoli, ma non coltivano nessuna relazione intima per cui rischiare ed esporsi in prima persona. Spesso l’anoressico sentimentale desidera l’intimità, ma alla fine prevale l’aspetto di repulsione verso l’altro. Una persona che gli si avvicina con autentico slancio può suscitare nell’anoressico sentimenti di fastidio, quasi come se l’amore fosse un inganno e un’offesa. Può inoltre difendersi dai rapporti presenti rievocando fantasie circa un antico amore del passato che ora gli appare totalmente impareggiabile. Queste rievocazioni, fatte anche in presenza del nuovo partner, hanno l’effetto di svilire la maggior parte dei tentativi di creare nuovi legami. Cercare di costruire una relazione con loro significa dover sostenere una quota importante di abbandoni e frustrazione. La difesa a oltranza dall’altro può esitare in una profonda sensazione di vuoto, solitudine e tristezza.

La seconda tipologia è quella del narcisista duro, prevaricante e prepotente. Il narcisista può arrivare ad un livello di aggressività molto alto, può essere crudelmente sadico e svalutare l’altro in maniera subdola. Quando vive in coppia cerca di abbassare l’autostima del compagno o della compagna in modo da controllarlo e raggiungere i propri scopi. Quando non ottiene ciò che vuole e l’altro gli si ribella diventa collerico, terrorizzante, arrivando anche ad agire volenza fisica. Il narcisista può tradire in maniera continuativa, mentendo e cercando sempre una giustificazione plausibile per se stesso. Allo stesso tempo però è capace di sedurre, di esaltare e di lusingare il partner, lasciandolo nel perenne dubbio circa il suo reale interesse e coinvolgimento. Questi comportamenti producono uno stordimento, per cui chi gli sta accanto risulta sempre più insicuro e si tormenta con domande sulla fedeltà dell’altro e sul suo sentimento.

A tal proposito è necessario spendere alcune parole sul partner del narcisista. Spesso quest’ultimo è una persona che soffre di dipendenza affettiva, caratterizzata da un’autostima molto bassa e dalla tendenza a svalutarsi. Il narcisista con i suoi gesti di disprezzo diventa la conferma vivente dello scarso valore del suo compagno. Il dipendente affettivo spesso è stato abituato alla mancanza di reciprocità, di attenzione e di rispetto fin da piccolo. Già nella famiglia di origine non è stato riconosciuto e sostenuto nei suoi bisogni, per cui ha sviluppato un carattere remissivo, nel segno dell’umiliazione. A volte la sottomissione può essere giocata su un piano strettamente fisico, con l’esigenza di essere dominati in un rapporto sessuale vissuto come perfetto: in questi casi la persona confonde la felicità di un rapporto amoroso con l’appagamento sessuale tout court. È un modo per idealizzare il partner e nascondere la grande insoddisfazione dei propri bisogni, che non riescono mai a trovare spazio. Altre volte il narcisista può creare rapporti con persone in parte simmetriche a lui: ne nasce un rapporto conflittuale che produce escalation rabbiose senza fine. Questo è il caso delle cosiddette co-dipendenze.
Possiamo allora affermare che entrambe le tipologie di narcisisti si trovano impossibilitate ad amare: è questa la caratteristica che spicca su tutte. Se però l’anoressico sentimentale è un individuo che si tiene in disparte dalle relazioni intime, perché intuisce un dolore potenziale nell’entrare in relazione, il narcisista duro arriva ad ostentare disprezzo e aggressività nei confronti di chi si lega a lui e si mostra bisognoso d’amore.

Ma dove origina la personalità narcisistica?

La psicologia attribuisce particolare importanza nella formazione del carattere i primi anni di vita della persona. È in questo periodo infatti che la persona si sviluppa insieme alle figure di riferimento. Entrambe le personalità narcisistiche possono essere pensate come il risultato di traumi relazionali, ovvero ripetute mortificazioni del rapporto ad opera dell’adulto di riferimento. Per come viene normalmente inteso, il trauma consiste in un singolo evento deflagrante, mentre il trauma relazionale o cumulativo è la somma di un maltrattamento protratto nel tempo. Esempi di traumi sono un incidente stradale, un terremoto e la perdita improvvisa di un familiare, eventi che si verificano come un fulmine a ciel sereno, mentre il trauma cumulativo è costituito da situazioni di intensità minore, come continue svalutazioni della persona. In questo caso, il bambino sottoposto a carenza affettiva risponde e si difende con la rabbia. Quest’emozione di per sé è una risposta sana perché tenta di porre un limite al maltrattamento subito. La rabbia è quindi un modo per superare la profonda angoscia in cui è gettato un bambino deprivato di affetto. In una certa misura è meglio sentire la potenza dell’odio, pur sempre qualcosa di vitale, che l’annichilimento dell’abbandono. Però nel narcisista la rabbia sfugge di mano e si trasforma in una corazza permanente, in una risposta abitudinale, in una struttura di personalità per l’appunto. A questo punto risulta più facile comprendere perché l’anoressico sentimentale si tenga a distanza proprio da quegli affetti che l’hanno visto così sofferente nella sua vita. Tutto ciò che riguarda la relazione e la dipendenza deve essere evitato dato che ha portato a penare così tanto. Il narcisista non può quindi riconoscersi la necessità di essere amato. La personalità più dura tenta di tenersi più a distanza possibile dai sentimenti d’amore svalutandoli in chi li manifesta; così facendo si costruisce una corazza fatta di disprezzo per ogni forma di debolezza.
Oltre ai traumi che hanno origine nella prima infanzia è bene sottolineare che oggi esiste una cultura narcisistica dei rapporti, un modo difeso e fugace di incontrare l’altro che si è fatto codice di comportamento condiviso. Per questo il fenomeno dell’anoressia sentimentale ha raggiunto un’enorme diffusione. In questo codice culturale le persone si vogliono forti, indipendenti, impermeabili agli affetti: è necessario perseguire le proprie mete egoistiche, sviluppare la propria carriera e circondarsi solo di vincenti. In quest’ottica chi si fa distrarre dall’amore è visto come un debole, una persona non abbastanza perseverante da sacrificare le relazioni sull’altare del successo. Tutto ciò risulta perfettamente in linea con l’ideologia storica del neoliberismo, che stimola la competizione e l’egoismo nelle persone. Inoltre internet e i social network permettono di costruirsi un’identità perfetta, fatta di trofei da esibire, in cui la persona si tiene a distanza dalla delusione, dal lutto e in generale dalla finitezza della condizione umana. Però è possibile rendersi consapevoli della cultura del narcisismo e sviluppare un pensiero critico rispetto a questi schemi diffusi di intendere le relazioni.

Cosa può fare lo psicologo?

La prima categoria di narcisisti è quella che si rivolge più facilmente ad un clinico. Spesso infatti sono consapevoli e soffrono molto: lamentano sentimenti di vuoto e mancanza di emozioni. Temono inoltre di rimanere isolati e di non poter accedere alle gioie della vita di coppia. Questo è un vantaggio per loro e la terapia. La terapia consiste nel permettere alla persona di entrare in contatto delicatamente con le proprie emozioni. Si tratta persone che hanno sofferto e, se lo psicologo possiede sufficiente sensibilità, la terapia può essere la strada per recuperare i loro bisogni e affetti. È inoltre necessario incontrare la loro rabbia e poterle dare un significato all’interno della loro storia personale. Anche il senso di colpa è positivo perché permette di elaborare le azioni aggressive messe in atto ai danni degli altri. Il clinico deve mediare il confronto con tutti questi sentimenti: tutto ciò può portare queste persone a divenire capaci di incontrare l’altro e a mettere in gioco la loro sensibilità nei rapporti, che non poche volte si dimostra marcata. Infatti il narcisista dietro ad una corazza anestetica spesso nasconde un ricco mondo interiore, che se rimesso in gioco può riaprire la persona all’altro e all’amore. Quindi più la sofferenza è presente alla persona, più la terapia è favorevole. Diverso è per i narcisisti più duri che di solito si piacciono così come sono, e non si rivolgono alla terapia. In questo caso la patologia è egosintonica, cioè in linea con la persona. Chi soffre solitamente è chi sta loro attorno e ne sopporta i soprusi e le angherie: quindi partner e familiari, ma anche colleghi di lavoro e vicini di casa. Nei casi peggiori infatti queste persone non provano sentimenti di colpa per le loro azioni (arrivano perfino a rivendicarle compiacendosene) e presentano una bassa propensione all’introspezione. A volte però un contatto intimo riesce: la persona che percepisce il senso di colpa per i propri comportamenti sperimenta fortissimi sentimenti di indegnità. È il momento più delicato della terapia, ma anche quello di svolta. Lo psicologo deve infatti sostenere il paziente per permettergli l’accettazione della propria vulnerabilità come dato autenticamente umano, e quindi degno d’amore. Solo attraverso tale accettazione la persona può ricongiungersi alle parti più bisognose d’affetto che aveva negato con tanta forza.

Bibliografia consigliata

Per il narcisismo

Ghezzani N., La paura di amareFranco Angeli, 2012.

Ghezzani N., L’ombra di Narciso, FrancoAngeli, 2017.

Per la dipendenza affettiva

Ghezzani N., L’amore impossibile, FrancoAngeli, 2015.

Letture professionali:

Kernberg O., Relazioni d’amore, Raffaello Cortina, Milano, 1995.

Ronningstam Elsa F., a cura di,I disturbi del narcisismo, Raffaello Cortina, Milano, 2001.

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